Web Tax in Italia: estensione della tassazione per il digitale e le sue conseguenze economiche
La recente decisione del Governo italiano di ampliare l’applicazione della Digital Services Tax (DST) a tutte le imprese operanti nel settore dei servizi digitali in Italia ha suscitato discussioni e preoccupazioni tra operatori del settore e associazioni di categoria.
Con questa nuova impostazione, non verranno più considerate le soglie di fatturato globale o locale, rendendo applicabile la tassa a una più ampia gamma di aziende digitali, comprese le PMI e le start-up.
La misura, che dovrebbe essere approvata entro il 31 dicembre e diventare operativa all’inizio dell’anno successivo, promette di avere un impatto significativo sull’intero ecosistema digitale italiano.
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L’effetto della tassazione sui ricavi anziché sui profitti
La Digital Services Tax, inizialmente applicata solo alle grandi multinazionali del settore, prevede una tassazione del 3% sui ricavi lordi generati dalle aziende attraverso servizi digitali, anziché sui profitti netti.
Questo cambiamento mette in difficoltà particolarmente le PMI e le start-up che, a differenza delle grandi aziende, non sempre operano con margini di profitto significativi o stabili. Di fatto, le piccole imprese e le giovani aziende potrebbero trovarsi a pagare la tassa anche in anni in cui non raggiungono un utile, colpendo duramente un segmento che rappresenta una parte cruciale dell’economia italiana.
Ricordiamo che la filiera dell’e-commerce in Italia creare un valore per l’intera economia e società e nel 2022 questo comparto ha generato un valore di oltre 133,6 miliardi di euro in Italia, pari al 7% del PIL.
A beneficiare di quanto realizzato dalla filiera ecommerce è l’intera società. Nel 2022 le entrate fiscali di 9,1% sono arrivate proprio dalla filiera ecommerce e grazie a questo lo Stato può investire 49,6 miliardi di euro in servizi pubblici e infrastrutture, migliorando lo sviluppo economico del Paese.
Web Tax in Italia = un aumento dei costi per l’intera filiera digitale
L’estensione della web tax potrebbe avere effetti a catena su diversi attori della filiera digitale, dai fornitori di servizi pubblicitari e di hosting dati alle piattaforme e-commerce.
Questi fornitori di servizi saranno probabilmente costretti a trasferire parte dei costi sui loro clienti, molte delle quali sono imprese italiane, aumentando i costi operativi per chi si affida a servizi digitali per gestire le proprie attività.
Di conseguenza, il rincaro dei servizi digitali potrebbe far aumentare anche i prezzi per i consumatori finali, riducendo la convenienza dei servizi online e penalizzando settori che, come l’e-commerce, sono stati finora un volano per la crescita del Paese.
Per le PMI che utilizzano servizi digitali per incrementare la propria visibilità e ottimizzare le vendite, l’aumento dei costi può diventare insostenibile, compromettendo la loro competitività sia a livello nazionale sia internazionale.
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PMI e start-up: innovazione e competitività a rischio
L’introduzione della web tax potrebbe ostacolare seriamente l’innovazione digitale delle PMI e delle start-up italiane. Le start-up, in particolare, che operano con margini sottili e investono risorse significative in ricerca e sviluppo, potrebbero faticare a sostenere un’imposta sui ricavi. Questo potrebbe limitare la loro capacità di crescere e innovare, spingendo molte a cercare mercati più vantaggiosi dal punto di vista fiscale o a ridimensionare i propri piani di sviluppo.
In un contesto già sfidante, caratterizzato da alta concorrenza internazionale, le aziende italiane rischiano di perdere terreno rispetto a quelle di paesi con politiche fiscali meno gravose.
Inoltre, questa tassa potrebbe scoraggiare l’arrivo di capitali stranieri, poiché investitori e fondi internazionali potrebbero preferire mercati con un ambiente fiscale più favorevole all’innovazione
Web Tax in Italia e il suo impatto sul settore e-commerce e sulla logistica
L’e-commerce, che in Italia ha registrato una crescita significativa negli ultimi anni, potrebbe subire un freno con l’estensione della web tax. L’aumento dei costi operativi per le piattaforme e-commerce si tradurrebbe, molto probabilmente, in prezzi più elevati per i consumatori e una minor convenienza del commercio elettronico.
Questo rallentamento potrebbe impattare anche il settore della logistica, che è strettamente legato all’e-commerce e ha beneficiato della sua espansione.
Con la crescita del settore digitale, l’Italia ha visto un incremento dell’occupazione e della generazione di valore economico grazie all’intero ecosistema, che include servizi di marketing digitale, infrastrutture di rete, piattaforme di pagamento e distribuzione.
Tuttavia, una pressione fiscale elevata rischia di ridurre il tasso di crescita del settore, limitando le possibilità di sviluppo economico e i vantaggi derivanti dal commercio elettronico per l’economia italiana
Alternative proposte: una fiscalità più equa e “channel neutral”
Un aspetto cruciale della discussione sulla web tax è la modalità di applicazione: tassare i ricavi lordi penalizza indiscriminatamente tutte le imprese digitali, comprese quelle con margini ridotti o che operano in perdita.
In alternativa, molti suggeriscono una tassazione basata sui profitti reali, che permetterebbe di considerare la reale capacità contributiva delle imprese e di distribuire equamente l’onere fiscale.
Inoltre, un modello di fiscalità “channel neutral” favorirebbe la parità di trattamento tra i canali di vendita digitali e fisici, evitando che l’innovazione digitale venga penalizzata rispetto alle modalità di business tradizionali.
Questo approccio potrebbe incentivare una crescita sostenibile del settore digitale, garantendo una competitività equa per le imprese italiane e promuovendo investimenti nel Paese
Web Tax in Italia e la necessità di un bilanciamento tra gettito fiscale e crescita digitale
L’estensione della web tax a tutte le imprese digitali in Italia è una misura controversa che solleva questioni di equilibrio tra necessità di gettito fiscale e promozione dell’innovazione.
Se da un lato questa tassa è stata pensata per recuperare entrate fiscali dal crescente mercato digitale, dall’altro la pressione sui ricavi, piuttosto che sui profitti, rischia di soffocare le iniziative imprenditoriali e di limitare le opportunità di crescita per molte aziende italiane.
È essenziale che le politiche fiscali italiane favoriscano un ambiente competitivo per il digitale, evitando di imporre oneri insostenibili che rallenterebbero il progresso del Paese nel settore.
Troverà il Governo italiano una soluzione di compromesso che permetta di garantire la crescita economica e la sostenibilità fiscale del settore digitale? Solo una revisione delle politiche fiscali può dare al settore digitale italiano la possibilità di prosperare in un contesto di innovazione sostenibile e competitiva.
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