Esistono diverse tipologie di marchio, in questo articolo analizziamo i marchi collettivi, marchi di garanzia o di certificazione, marchi di qualità e la denominazione di origine geografica.
Il marchio collettivo, di garanzia o partecipazione e di qualità sono delle fattispecie che spesso si accavallano tra di loro, non sono sempre netti i confini tra le fattispecie, però ci sono delle differenze.
Abbiamo già analizzato il marchio, a cosa serve e i requisiti per la registrazione. Ora vediamo che esistono marchi che nascono per essere utilizzati da molti marchi registrati da altri imprenditori.
Prima di entrare nel dettaglio, c’è una premessa da fare. Se c’è un contrasto tra la norma italiana e la norma europea prevale quella europea soprattutto in questo caso perché si tratta di un regolamento e non una mera direttiva.
Il regolamento europeo è immediatamente operativo nei singoli stati membri quindi ha valore di legge immediato. Invece, la direttiva è uno strumento di armonizzazione che necessita di un recepimento, quindi di una declinazione a livello nazionale, di solito si usa come strumento il decreto legislativo.
Marchi collettivo
Segno distintivo idoneo a differenziare rispetto al marchio comune. In pratica distinguere i beni delle imprese aderenti ad un gruppo organizzato titolare del marchio da quelli provenienti dalle altre imprese. C’è un uso plurimo del segno, quindi in questo caso non c’è un’esclusività a favore di un unico imprenditore ma di un insieme di imprenditori. Questi hanno un rapporto partecipativo con l’organizzazione che di questo marchio ha chiesto la registrazione.
Il marchio collettivo ha il fine di garantire certe caratteristiche del prodotto in ragione del controllo operato dall’ente titolare del marchio.
Questo segno lo troviamo disciplinato all’art. 2570 del Codice civile; all’artt. 11 e 11-bis del CPI; e all’artt. 74-83 del R.M. Europeo.
La funzione giuridicamente tutelata dei marchi collettivi include la garanzia qualitativa dei prodotti, quindi chi utilizza questo marchio deve rispettare una certa qualità di prodotto. Si tratta di marchi che hanno un forte selling power e va da sé che sono tutelati da un uso non autorizzato del marchio.
L’organizzazione che registra il marchio non può utilizzarlo e può avere diverse tipologie di struttura giuridica, ovvero consorzio; società consortili; GEIE; Reti di imprese aventi soggettività; cooperative; associazioni di fabbricati, produttori, prestatori di servizi e commercianti.
Il diritto all’uso di questa tipologia di marchio si ha grazie a un rapporto di partecipazione all’organizzazione.
Quando si chiede la registrazione del marchio collettivo, alla domanda deve essere sempre allegato un regolamento.
La peculiarità del marchio collettivo è quella di garantire più che una associazione con l’imprenditore garantisce circa le caratteristiche qualitative di un prodotto. Infatti vige l’onere in capo all’organizzazione di fare dei controlli di qualità su chi utilizza il marchio, se questo non avviene c’è una decadenza del marchio.
Marchi di garanzia o di certificazione
Il marchio di garanzia e di certificazione è disciplinato all’art. 11-bis del C.P.I e all’art. 83 del R.M. Europeo.
A livello europeo è un segno idoneo a distinguere i beni certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o servizi, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche. Anche qui abbiamo un soggetto titolare del marchio che concede in uso ad altri imprenditori tale marchio a seguito del rilascio di una certificazione.
All’interno del CPR Il marchio di garanzia o di certificazione garantisce circa l’origine anche geografica, la natura e la qualità del
prodotto.
Facciamo un esempio per semplificare la comprensione. I prodotti vegan oppure prodotto biologico sono marchi di garanzia o di certificazione. Esiste una organizzazione privata Veganok alla quale vengono sottoposti dei prodotti indicando quali sono le caratteristiche e questi prodotti se ottengono la certificazione possono recare insieme al marchio di commercio anche questo marchio di garanzia.
Questo marchio può essere applicato anche in vari campi, ad esempio Vegan può essere applicato su un gelato, su dei prodotti cosmetici ma anche su delle scarpe; così come prodotto bio può riguardare prodotti alimentari, cosmetici, detersivi ma si può anche riferire a un servizio.
Gli organismi privati che vogliono accostare il marchio di garanzia al loro devono presentare un’istanza di rilascio della certificazione. E per avere la certificazione occorre pagare, si fa questo investimento per risaltare le caratteristiche del prodotto e aumentare le potenzialità dello stesso sul mercato. Chi utilizza il marchio è soggetto a periodico controllo, altrimenti decade il marchio stesso.
Questa tipologia di marchio può essere registrato da una persona fisica o giuridica, tra cui istituzioni, autorità e organismi di diritto pubblico che non svolga un’attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato. È richiesto un rapporto di indipendenza fra certificatore e operatore certificato.
Può essere utilizzato da un operatore all’esito positivo della verifica da parte del certificatore in ordine alla presenza dei requisiti dei beni destinati ad essere contraddistinti dal marchio. In questo caso il rapporto tra certificatore ed operatore certificato è contrattuale e non associativo.
Marchi di qualità
Il marchio di qualità è una tipologia di marchio regolata dalla Direttiva europea 2006/123/CE e recepita in Italia dal decreto legislativo 59/2010.
Questo segno attesta che determinati beni o servizi sono in possesso di caratteristiche prefissate dalla fonte istitutiva. La fonte istitutiva del marchio di qualità è un organismo privato quindi l’iniziativa è privata.
Viene comunemente definito marchio però già il fatto stesso che non lo troviamo disciplinato nel CPI è indice del fatto che con riferimento a questa fattispecie di marchio si parla in senso atecnico, infatti è un marchio che non ha funzione distintiva.
I soggetti che istituiscono e gestiscono il marchio devono pubblicare le informazioni, ovvero caratteristiche, requisiti, etc. dei marchi, sui propri siti web. Inoltre, devono comunicarle al Ministero dello Sviluppo Economico perché in questo caso l’eventuale deposito presso l’ufficio brevetti e marchi non dà diritto ad alcuna tutela legale.
Non c’è una procedura di controllo a monte, quindi senza che ci sia una procedura di concessione di uso del marchio chi ritiene di avere queste caratteristiche lo utilizza liberamente.
È molto più debole il valore che può essere associato al marchio di qualità, per l’appunto è la soluzione meno costosa e meno impegnativa.
Denominazione di origine geografica
Le denominazioni di origine geografica attestano un determinato livello qualitativo dei beni, sono regolate dal R.M. europeo 2012/1151. Di seguito si riportano le denominazioni legislative?
- DOP, denominazione di origine protetta, è impiegata per contraddistinguere prodotti agroalimentari che presentano specifiche caratteristiche dovute all’insieme di fattori ambientali e umani. Ovvero saper fare, tradizioni, procedimenti tradizionali che si sono sviluppati in un certo territorio propri della zona geografica in cui si svolgono le diverse fasi della produzione.
- IGP, indicazione geografica protetta, dove i prodotti hanno caratteristiche che derivano dal territorio ma riguardano in particolare la reputazione. Ad esempio, si dice che la arance siciliane sono migliori rispetto ad altre per le condizione geografiche di quel territorio.
- STG, specialità tradizionale garantita, dove la caratteristica del prodotto dipende non tanto dal territorio ma quanto dagli ingredienti e dalla ricetta. Ad esempio, la mozzarella di bufala campana è un STG perché non viene prodotta solo in Campania, molte sono prodotte nel basso Lazio o nel Molise. Utilizzano tutti i medesimi ingredienti quindi latte di bufala e la medesima ricetta tradizionale.
Tutte le altre denominazioni come DOC, DOCG, sono varianti ulteriori e sono disciplinate a livello interno con provvedimenti amministrativi e non legislativi. Si ottiene un’autorizzazione amministrativa per es: nel campo alimentare dal ministero dello sviluppo economico o dell’agricoltura a seconda dei casi, e hanno un minor valore.
Per saperne di più sul marchio
Prima di questa sezione di articoli riguardanti i segni distintivi tipici dell’imprenditore abbiamo analizzato il diritto alla concorrenza e tutto il mondo normativo della pubblicità.
La prossima settimana uscirà un articolo sulle strategie da implementare per far circolare il marchio.
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