Entro il 2025, il commercio al dettaglio italiano perderà 3,7 miliardi di euro a causa abitudini delle nuove abitudini di acquisto dei consumatori e dello spostamento dei consumi dal canale fisico. Le perdite dei rivenditori fisici in tutta Europa saranno di 35 miliardi di euro per via della rivoluzione digitale. È questo quanto emerge dal nuovo report “The shape of Retail: i costi nascosti dell’e-commerce” della società di consulenza globale Alvarez & Marsal realizzato in collaborazione con Retail Economics.
I costi nascosti dell’ecommerce
Per valutare i costi nascosti dell’ecommerce è stata condotta un’indagine su 6 paesi europei – Gran Bretagna, Italia, Spagna, Francia, Germania e Svizzera ed è stato preso in esame un panel di 3000 famiglie, analizzando oltre 250 retailer europei che rappresentano oltre 2000 miliardi di euro di spesa nel 2020. L’indagine ha lo scopo di mostrare in che modo i costi connessi al passaggio da un business pensato per i canali fisici a uno online impatteranno sul profitto dei rivenditori.
Quello che emerge in primis, è che i rivenditori digital only in genere operano con margini notevolmente inferiori rispetto ai modelli di business multicanale e fisici: l’analisi mostra che in un comparto dove già da diversi anni è in corso un progressivo assottigliamento dei profitti, i margini per i retailer europei online puri si aggirano in media intorno all’1,4%, valore di 4 punti percentuale sotto a quello dei rivenditori misti che tocca il 5,2%.
Omnichannel: strategia per aumentare i ricavi
Omnichannel è una delle strategie per aumentare i ricavi. L’indagine effettuata rileva meno marginalità per i business completamente online e si devono aggiungere gli investimenti necessari ai retailer tradizionali per compiere lo shift verso il mercato digitale. Sono richieste nuove competenze, il potenziamento dell’infrastruttura tecnologica e degli aspetti logistici (ricerca di partner tecnologici per soddisfare i nuovi bisogni del consumatore), queste sono tutte voci di costo importanti per lo sviluppo di una strategia amnichannel. Ovviamente, bisogna aggiungere le spese legate alla logistica, alla supply chain, spedizioni e resi che sono le vere variabili capaci di influenzare maggiormente il futuro del e-commerce.
I resi rappresentano proprio la chiave di volta del settore. I nuovi consumatori digitali e spesso i nativi digitali (i consumatori molto giovani), restituiscono la merce acquistata online con più facilità: basti pensare che quasi il 9% del totale delle spedizioni dell’ecommerce italiano torna indietro come reso, in UK questa percentuale sale all’11%.
I ricavi dei retailer in Italia e in Europa
Secondo l’indagine di Alvarez & Marsal, il paese che più di tutti in Europa vedrà assottigliarsi i margini di profitto dei retailer, fatta eccezione per la Germania che però presenta un profilo anomalo operando con margini decisamente al di sotto della media europea riflettendo un’ampia presenza di discount e una sensibilità culturale ai prezzi, è proprio l’Italia. Il nostro Paese vedrà entro il 2025 scendere la redditività del settore retail dal 3,5% al 2,6% con un saldo negativo di -3,7 miliardi di euro.
“Una perdita di quasi un punto percentuale in un mercato già storicamente provato da margini ridotti rispetto al resto d’Europa – dice Alberto Franzone, Country Co-Head di Alvarez&Marsal in Italia – dovuto soprattutto all’accelerazione in termini di shift sul digitale che ha caratterizzato il nostro Paese dalla pandemia e che si prevede proseguirà a ritmi più sostenuti del resto d’Europa per i prossimi anni”.
A emergere dal report, infatti, è la correlazione fra aumento della penetrazione dell’online e diminuzione dei margini di profitto: a fronte di una penetrazione del digitale intorno al 6% nel 2015 la marginalità media dei retailer europei si attestava intorno al 6,5%, oggi questo valore tocca il 4,5%, perdendo quindi 2 punti percentuale, in stretta connessione con una penetrazione digitale salita al 14%.
Secondo il report sarà infatti l’Italia il Paese in cui questa penetrazione avverrà più velocemente rispetto al resto dei Paesi europei: si stima in media un aumento del 13,5% all’anno dal 2021 al 2025.
I consumatori italiani vogliono acquistare online
“Non è un caso quindi che siano proprio i consumatori italiani quelli più propensi a considerare permanente la rivoluzione digitale che ha investito il mondo dei consumi domestici” dice ancora Franzone. Il 38,4% degli italiani preferiscono continuare ad acquistare online, contro il 33% degli Spagnoli e 29,6% degli Inglesi.
“Va precisato che sono soprattutto i nuovi consumatori – coloro che hanno consolidato i nuovi comportamenti dopo aver superato le barriere iniziali della nuova esperienza (dalla creazione dell’account al settaggio dei metodi di pagamento, dal consolidamento della fiducia alla scoperta della convenienza) – quelli che tendono a pensare che il cambiamento sarà irreversibile” spiega Franzone.
E questo avviene con più facilità per alcuni settori merceologici come gli elettrodomestici e gli oggetti elettronici in generale che hanno visto uno spostamento verso le vendite online del 18,7%, i casalinghi con il 16% e l’abbigliamento con il 14,2%, i prodotti di lusso, che richiedono un processo di acquisto più ponderato, continuano a presidiare i canali tradizionali. In ogni caso la via verso l’online sembra spianata, solo in Italia si stima che i negozi fisici perderanno nel post-pandemia quasi il 30% dei visitatori, in UK la percentuale sale al 44%.
Quale futuro per i negozi fisici?
Alberto Franzone, afferma “In questo contesto i brand dovranno mettere in atto una serie di misure per evitare di soccombere – rischio ancora più alto per chi ha store sovradimensionati – già oggi assistiamo a una riconversione dello spazio fisico in un’ottica di multichannel dove i punti vendita diventano funzionali agli ecommerce. A fare la differenza sarà la tempestività con cui si predisporranno forti investimenti per riuscire a spostare un business model pensato per un canale fisico verso uno pensato per rendere più efficienti le vendite online”.
In questo senso sono molteplici le esperienze: dal boom del click and collect, al ripensamento del negozio come spazio social. “Senza dimenticare il miglioramento della catena di approvvigionamento – prosegue l’ad di Alvarez & Marsal Italia – dall’uso dei dati al ripensamento degli imballaggi anche per ottimizzare i costi, alla nascita di partnership strategiche per affrontare in maniera più efficiente delivery e resi”. Infine, ricorda Franzone “La sfida che oggi si presenta ai brand è sfruttare al meglio la disintermediazione che il passaggio fisico/online porta con sé, migliorando l’analisi degli insight per investire sulla formula direct to consumer”.
Chi è Alvarez & Marsal
Alvarez & Marsal è una società di servizi professionali leader a livello mondiale che fornisce servizi di consulenza, di miglioramento delle prestazioni aziendali e di gestione dei turnaround. A&M è una società privata fin dalla sua fondazione nel 1983 e offre il suo supporto ad aziende, investitori ed enti governativi di tutto il mondo.
Con oltre 4.500 persone in quattro continenti, forniamo risultati tangibili per aziende, consigli di amministrazione, società di private equity, studi legali e agenzie governative che affrontano sfide complesse. I nostri leader senior, e i loro team, aiutano le organizzazioni a trasformare le operazioni, catapultare la crescita e accelerare i risultati attraverso azioni decisive. Composta da operatori esperti, consulenti di livello mondiale, ex regolatori e autorità del settore, A&M sfrutta il suo patrimonio di ristrutturazioni per trasformare il cambiamento in una risorsa strategica per il business, gestire il rischio e sbloccare il valore in ogni fase della crescita.
In Europa, Alvarez & Marsal attualmente conta venti uffici in quattordici paesi. Negli ultimi due anni, l’organico europeo di A&M è aumentato di oltre il 50% e il mese scorso l’azienda ha accolto il suo millesimo dipendente in Europa.
Metodologia
Retail Economics ha condotto una ricerca su consumatori rappresentativi a livello nazionale in sei paesi dell’Europa, tra cui Regno Unito, Germania, Italia, Spagna, Francia e Svizzera. Il campione comprendeva più di 3.000 consumatori con dati raccolti tra il 19 aprile e il 1 maggio 2021.
Le stime dei profitti al lordo delle imposte si basano su un campione di oltre 250 rivenditori europei pubblici e privati che operano nel Regno Unito, in Germania, Italia, Spagna, Francia o Svizzera. Il campione di rivenditori ha un fatturato combinato di oltre 2.000 miliardi di euro nel 2019/20, pari a circa il 40% delle vendite totali al dettaglio nei sei paesi europei.
Le previsioni dei margini di profitto al lordo delle imposte si basano su un campione di oltre 250 rivenditori europei pubblici e privati che operano nel Regno Unito, in Germania, Italia, Spagna, Francia o Svizzera. I dati sono stati raccolti sul loro profitto ante imposte dal 2010/11 al 2019/20. Collettivamente, rappresentano oltre 2 trilioni di euro di vendite al dettaglio nel 2019/20.
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