Non bisogna mai dire tutto ciò che passa per la propria testa quando si scrive sui social. Se si lavora per un brand importante, bisogna essere ancora più attenti a come si impostano le proprie strategie di comunicazione.
Come non comunicare online: i casi del luxury fashion
Dai commenti razzisti agli slogan sessisti ai messaggi che alludono a luoghi comuni denigratori a molto altro. I social sono da sempre ricettacoli di strategie promozionali nelle quali trionfa il cattivo gusto. Sul web questo fenomeno è amplificato dalla mole di utenti connessi. E per i brand, creare contenuti ambigui e negativamente interpretabili è un mestiere rischioso. Per i big player del settore, le aziende dalla reputation maggiore, il rischio che si verifichino reazioni indignate (il cosiddetto backlash) è ancora più alto.
Lo scandalo H&M e Dolce & Gabbana
L’anno scorso H&M era stato protagonista di un piccolo scandalo mediatico allorché il brand lanciò sul mercato una t-shirt con la scritta “the coolest monkey in the jungle”; l’immagine era visibile sul sito web e la t-shirt era indossata da un bambino di colore.
E vi ricordate quando la maison Dolce&Gabbana balzò sotto i riflettori per il caso di razzismo nei confronti del popolo cinese? Aveva creato un video promozionale denigratorio e di cattivo gusto, e la reazione sul web fu forte. La risposta del popolo online assunse toni talmente forti da creare una social crisis senza precedenti. Un vero caso mediatico. A poco valserò le scuse del duo di designer, perché l’indignazione globale era talmente alta che i suoi effetti si ripercuotono tuttora. La brand reputation del marchio italiano è rimasta irreparabilmente incrinata dalla vicenda.
Passata la bufera, molti brand hanno sicuramente fatto tesoro degli insegnamenti preziosi che il caso Dolce&Gabbana ha elargito. Di conseguenza, il modo di comunicare con gli utenti è stato per necessità ridimensionato. Non più contenuti così ambigui da destare subito sospetto. Oppure, se pubblicati, intervenire tempestivamente per placare gli animi ed evitare un possibile backlash.
Lo scivolone di Gucci e il maglione con la blackface
Lo scorso febbraio, la maison di moda Gucci aveva messo in vendita un maglione nero della nuova collezione con un passamontagna su cui è raffigurata una bocca rossa. Il modello evoca per analogia la famigerata blackface, immagine utilizzata in centinaia di anni di storia americana per etichettare in maniera vessatoria le persone di colore.
Gucci si è subito scusato e ha ritirato il maglione dal mercato, pubblicando un messaggio in cui prometteva di impegnarsi a promuovere la diversità nelle sue creazioni. Una diversità che per cessare di essere tale dovrebbe vedersi riconosciuta la categoria di “normalità” che compete a tutti coloro che appartengono alla specie Homo sapiens.
Quel che vale la pena di notare è che il mea culpa della maison romana è stata la mossa migliore da compiere. L’indignazione è rientrata subito e il backlash è stato ridotto.
Gli esempi a disposizione sono tantissimi. Ci siamo sentiti in dovere di elencarne alcuni per cercare di capire fino a che punto una comunicazione sbagliata possa far danno alla reputazione di un brand.