Abbiamo avuto il piacere di incontrare Sara Viola durante l’Ecommerce Week e sarà ospite del prossimo EcommerceDay. Dopo aver maturato una lunga esperienza professionale nell’area marketing e comunicazione all’interno di aziende leader come Samsonite Corporation e Morellato group, dal 2018 è Global brand director per Nautica, parte di una multinazionale americana leader nel segmento orologeria.
Timex è leader nel settore dell’orologeria, dal 1854 ha creato modelli conici e sperimentato sia per gli orologi sportivi che insieme a grandi marchi della moda. Con lei abbiamo parlato di brand, loyalty e sostenibilità ambientale.
Da dove nasce il primo orologio sostenibile, idea, progettazione e realizzazione, cosa puoi raccontarci? Che influenza ha avuto sul brand?
In questo momento di grande attenzione e riscoperta di valori da parte non solo dei consumatori ma anche delle aziende. Il progetto di creare un orologio sostenibile e di spostare cmq l’attenzione su questo argomento a livello macro è stato naturale.
La nostra azienda sta lavorando a 360 gradi per diventare sempre più sostenibile. Non solo il brand sul quale lavoro ha intrapreso questa strada, ma tutto il gruppo.
Per creare un orologio sostenibile si può agire in diverse direzioni. Sicuramente una strada poteva essere la scelta di avere un movimento solare, movimento già utilizzato per alcuni dei ns orologi sia di fascia entry price che più alta (300$) per il brand Nautica.
Per completare il percorso era ovviamente necessario trovare un partner o una azienda che potesse sostenerci nella creazione del primo orologio sostenibile. L’abbiamo individuata in Kvadrat, azienda danese che da anni produce tessuti per arredamento e abbigliamento sostenibili.
Kvadrat, per farti qualche nome, aveva già lavorato in passato con grandi nomi da Raf Simmons, a Jil Sanders fino ad Adidas.
In questo modo siamo riusciti a costruire un orologio con un cinturino fatto unicamente di PET riciclato, per darvi un’idea per ogni cinturino si impiega circa mezza bottiglia di plastica riciclata.
Ovviamente abbiamo corredato il prodotto anche di un packaging ad hoc realizzato in carta completamente riciclata e tutta una serie di materiali esplicativi che immediatamente riportassero il consumatore al mondo del sostenibile.
Da qui è nata poi l’esigenza di creare tutto il packaging in carta riciclata per tutti gli orologi e quindi dal prossimo anno tutta la collezione Nautica N83 avrà questo plus.
L’orologio è sul mercato dalla scorsa stagione estiva, ma il progetto è ovviamente timeless e procederà anche per le collezioni future.
Cosa avete progettato per la campagna marketing del il lancio del prodotto?
Le basi della campagna sono state quelle di voler trasmettere immediatezza del messaggio, abbiamo fatto dei video per advertising girati su una spiaggia in Sicilia, a Mondello per la precisione, dove il modello si occupava di raccogliere bottiglie e sacchetti in plastica abbandonati.
Un messaggio chiaro e facile.
E poi invece abbiamo creato i materiali social in cui spiegavamo come nasce il materiale usato per il nostro cinturino riciclato.
Avremmo voluto collaborare direttamente con qualche grande associazione no profit americana che si dedica alla salvaguardia degli oceani. È stato molto difficile e abbiamo scoperto che alle spalle ci sono interessi molto grossi e dinamiche collegate strettamente strettamente a budge. Abbiamo riscontrato addirittura richieste di esclusività, e che per quanto mi riguarda fanno a pugni con l’idea di fondo.
Nautica ha deciso quindi di fare un accordo come marchio direttamente con Oceana per supportare il progetto lato brand e non sulla singola categoria.
Che feedback commerciale avete riscontrato?
Ahimè lavorando con distributori in tutto il mondo, ci aspettavamo che la sensibilità sull’argomento fosse differente in base alle aree geografiche. Posso dirvi che sicuramente paesi come Cina ed India sono ancora molto lontani da questo concetto. Altri paesi invece sono molto contenti di poter lavorare in questa ottica.
In generale funziona meglio un packaging riciclato rispetto ad un prodotto del tutto riciclato. Nel nostro caso in particolare l’utilizzo per il cinturino del tessuto di Kvadrat ha creato qualche dubbio sulla vestibilità. Nei paesi in cui la presa di coscienza non è così forte non abbiamo avuto il successo sperato.
CI auguriamo che piano piano il pensiero sostenibile diventi sempre più diffuso e che si preferisca scegliere questa strada.
Lei è Global Brand Director per una multinazionale americana, l’importanza del Brand nelle strategie di business?
Sicuramente altissima, il brand ci ha sostenuto in questo progetto e a sua volta ha sviluppato altri prodotti in categorie merceologiche differenti ma sempre con un occhio alla sostenibilità.
E’ ovviamente più facile parlare di abbigliamento sostenibile, per quanto i costi da affrontare siano quasi sempre un poco più alti.
Il brand, come dicevo, ha costruito una partnership diretta con una società no profit americana, Oceana, che si occupa di recuperare le plastica dagli oceani e questo ovviamente ha dato un ampio respiro al progetto.
L’impatto della marca sulle vendite e sulla fidelizzazione del cliente? Quanto pesa il brand?
Il mio brand è un caso fuori dal coro, è molto famoso nelle Americhe, da nord a sud dove ha una importante catena retail ed è presente nei principali store, stessa scenario in Asia. E’ ovvio che in queste zone il comparto orologi segue l’andamento del brand stesso.
L’eccezione però sono Europa e Medio Oriente dove abbiamo dei clienti molto importanti e dove il brand è totalmente assente perché non ha un distributore abbigliamento, se non per poche eccezioni, come Regno unito e Israele.
Da questo nasce il fatto che la collezione orologi ha un assortimento molto ampio che parte da un punto prezzo basso di 59$ fino ad arrivare a 400$, mentre il marchio è famoso per essere solamente un premium price.
Nella sua brillante carriera si è occupata dallo sviluppo di prodotto alla comunicazione fino ai lanci di siti multimarca in ottica multichannel. La complessità di ottimizzare il tutto e rendere efficace e produttivo ogni segmento di attività?
Alta, oggi ancora in molti si affacciano all’ecommerce pensando che sia solamente uno strumento rapido ed efficace di vendita, dove per efficace penso ai margini .
In realtà è un mondo molto complicato che mette a nudo tutte le procedure ed eventuali mancanze di una azienda, i reparti diventano un unicum e deve esserci una grande comunicazione per lavorare bene.
Il reparto fondamentale rimane quello della logistica mentre il marketing stesso deve cambiare faccia, pelle con velocità e freschezza.
Credo ci sia ancora un capitale inespresso che possa crescere in tutti i settori e la pandemia ce lo ha chiarito fortemente.
Siamo tutti molto concentrati sui social network ma il vero goal è riuscire a far lavorare social, ecommerce e canale fisico. Credo davvero pochissimi lo facciano bene.
La comunicazione digital, qualche consiglio per il futuro su visione e approccio?
La comunicazione digital non è più fine a se stessa e deve essere necessariamente integrata con la campagna istituzionale per i media così detti vecchi e soprattutto con il punto vendita. L’immagine della marca rimane una sola e il cliente la deve percepire immediatamente. Ormai siamo tutti attivi su più schermi e il messaggio deve essere univoco seppur declinato in maniera diversa.
Dall’altra parte come dicevo ormai “digital” comprende tutto dall’ecommerce allo store fisico, se vi è una logica omnichannel, perciò è più complesso rispetto al passato.
L’approccio corretto è partire da un’ottima comunicazione tra reparti. Nessuno può andare avanti a compartimenti stagni e quando succede, si vnota, comunicati PR che escono senza avere allineamento sull’ecommerce o campagne social non allineate a quelle dei media tradizionali.
Chi pensa ancora oggi che il marketing fatto in maniera digitale sia più economico, ha una visione completamente sbagliata, sono i pesi del media mix ad essere cambiati.